Unique Selling Proposition: come creare un messaggio di vendita unico e memorabile

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Hotel che sembrano clonati, tour operator che promettono tutti “esperienze indimenticabili”. Ti suona familiare, vero? Se lavori nel turismo, sai quanto sia una faticaccia quotidiana farsi notare quando l’offerta è vasta e, ammettiamolo, spesso terribilmente simile. E se ti dicessi che il problema, il più delle volte, non è tanto quello che offri, quanto quello che non stai comunicando con la giusta forza?

È qui che entra in gioco la famosa (o famigerata, per alcuni) Unique Selling Proposition. Se il tuo business nel turismo arranca per distinguersi, è molto probabile che tu non stia gridando ai quattro venti cosa ti rende davvero, ma davvero, unico. Tranquillo, sei in buona compagnia. Ma oggi vediamo come ribaltare la situazione, con esempi concreti che puoi applicare subito.

Cos’è davvero questa famosa Unique Selling Proposition (USP)?

Parliamoci chiaro: la Unique Selling Proposition – o USP, per gli amici – non è l’ennesimo termine tecnico da sfoggiare nelle riunioni per darsi un tono. È, molto più semplicemente, la risposta secca e convincente alla domanda che ogni potenziale cliente si pone (anche se non te la fa direttamente): “Ok, bello tutto, ma perché dovrei scegliere proprio te e non uno dei tuoi millemila concorrenti che mi propongono cose simili?”

Nel settore turistico, poi, cadiamo spesso nella trappola dell’elenco della spesa: “Wi-Fi gratuito in tutta la struttura!”, “Colazione continentale inclusa nel prezzo!”, “Siamo a soli due passi da (inserisci qui il monumento più gettonato)”. Caratteristiche utili, per carità. Ma uniche? Memorabili? Di solito, sono la base, il minimo sindacale che ci si aspetta. La tua USP, quella che fa davvero la differenza, deve scavare molto più a fondo. È la tua firma, quel “qualcosa” che solo tu hai.

Come scovare (e costruire) la tua USP vincente nel turismo

Creare una USP che colpisca nel segno è un mix di fiuto, un po’ di “spionaggio” della concorrenza e una buona dose di onestà intellettuale. Niente paura, non serve un master alla NASA. Ecco i passi che, per esperienza, funzionano:

  1. Mettiti nei panni di un detective (e analizza la concorrenza)
    Da dove si comincia? Dal guardarsi intorno, ma con occhi attenti. Devi diventare un piccolo 007 del tuo mercato. Spulcia i siti dei competitor, leggi avidamente le recensioni (soprattutto quelle tiepide o negative, sono pepite d’oro!), osserva come comunicano sui social. Se gestisci un hotel a quattro stelle, per esempio, sai già che “camere eleganti” e “servizio cordiale” sono il biglietto d’ingresso, non il fattore X che ti farà scegliere. Se tutti i tuoi vicini sbandierano la “posizione centralissima”, capisci bene che non sarà quella la leva che ti farà fare il salto, a meno di non raccontarla in un modo così originale da lasciare tutti a bocca aperta.
  2. Scava fino a trovare la tua pepita d’oro: l’elemento unico
    Questo è il cuore del lavoro: trovare cosa ti rende diverso. E bada bene, non devi per forza inventare l’acqua calda o qualcosa di mai visto prima. Spesso, l’unicità sta in una sfumatura, in un dettaglio che per gli altri è scontato e che tu puoi elevare a tratto distintivo. Pensa a:
    • Un’esperienza che solo tu sai orchestrare: Non “camere a tema”, ma qualcosa di più viscerale. Magari “L’unico hotel dove ogni camera racconta una leggenda dimenticata della nostra valle, attraverso oggetti e storie scovate da artigiani locali.”
    • Quel servizio che ti viene così naturale offrire, che per te è la norma ma per gli altri è un extra (o non esiste): Invece del solito check-in alla reception, perché non “Da noi il benvenuto te lo diamo con un calice del nostro miglior vino e una mappa disegnata a mano dei miei angoli preferiti della città, quelli che le guide non ti diranno mai.”
    • Un beneficio così specifico da diventare un richiamo irresistibile per la nicchia giusta: “La nostra colazione? Un’ode ai sapori biologici a chilometro zero, con marmellate fatte in casa seguendo la ricetta della nonna e il pane sfornato ogni mattina dal nostro fornaio di fiducia (quello che conosco da quando ero bambino).”
    • Un target a cui nessuno aveva pensato (o che nessuno coccola come fai tu): “Il primo boutique hotel dove il tuo amico a quattro zampe non è solo ‘ammesso’, ma è il nostro ospite d’onore, con un menu dedicato, un welcome kit e un dog-sitter di fiducia a disposizione.”

Un esempio che porto sempre in questi casi è quello di Mimi na Wewe (sì, è autopromozione). Il segreto del successo della struttura e del fatto che riusciamo sempre ad avere un riempimento veramente buono è legato al fatto che i miei genitori riescono a proporre un turismo completamente diverso da quello dei competitor, che pensano a vendersi e a farsi concorrenza sulle stesse tematiche di base (camere confortevoli, vicinanza al mare, aria condizionata, eccetera). Mimi na Wewe offre l’esperienza di una famiglia italiana che vive da oltre 15 anni in un tipico villaggio africano che non è la destinazione turistica per eccellenza situata a poche centinaia di metri. Il risultato? L’alta stagione è sempre “tutto esaurito” e, nella media e nella bassa stagione è un continuo via vai di ospiti.

  1. Tocca le corde giuste: parla alle emozioni, non solo al portafoglio
    Prezzo e posizione sono importanti, non ci piove. Ma quando le persone viaggiano, cercano soprattutto come si sentiranno. Vogliono vivere qualcosa che li arricchisca, che li faccia tornare a casa con un bagaglio di ricordi ed emozioni. La tua USP deve colpire lì, al cuore. Ti faccio un esempio che vedo di continuo:
    • Comunicazione “scolastica”: “Albergo in centro città, a pochi passi dai principali luoghi di interesse.” Corretto. Ma piatto come una tavola.
    • Comunicazione che “vibra”: “Vivi l’Africa come se fossi uno di noi. Il nostro boutique hotel è situato nel cuore di un tipico villaggio africano, lontano dai classici circuiti turistici e circondato dall’Africa, quella vera!” Senti la differenza abissale? La seconda opzione non ti sta vendendo una camera con bagno. Ti sta vendendo un’esperienza, un’emozione, il sogno di un’autenticità che molti viaggiatori cercano disperatamente. E te lo dico per esperienza diretta: messaggi del genere attirano clienti che non guardano solo il prezzo, ma il valore di ciò che vivranno.
  2. Sii un fulmine a ciel sereno: comunica la USP in modo che resti impressa
    Una volta che hai messo a fuoco la tua USP, non annacquarla in fiumi di parole. Deve essere come un pugno gentile: breve, diretta, facile da ricordare e da raccontare. Pensa ai grandi slogan che conosciamo tutti:
    • M&M’s: “Si scioglie in bocca, non in mano.” Geniale nella sua semplicità.
    • FedEx (nella sua promessa storica): “When it absolutely, positively has to be there overnight.” Una garanzia. Nel turismo, la sfida è identica. La tua USP deve potersi trasformare in un claim, in una frase che diventi il tuo biglietto da visita istantaneo. Per esempio:
    • “L’unico hotel in Italia dove il vino non si beve e basta: si vive, si respira, si impara.” (Per quel wine hotel che offre molto più di una degustazione).
    • “Finalmente una vacanza senza l’ansia dell’orologio: da noi il check-in e il check-out li decidi tu.” (Perfetto per un resort che punta tutto sul relax senza vincoli).
    • “Ogni nostro tour è una macchina del tempo: ti portiamo dove la storia sussurra ancora.” (Per un’agenzia che offre viaggi culturali che lasciano il segno). Il segreto? Riuscire a distillare in pochissime parole ciò che, se tu non esistessi, mancherebbe davvero al mondo (del turismo).
  3. La prova del nove: mantieni la promessa, sempre
    E qui, te lo dico senza giri di parole, casca l’asino per molti. Puoi avere la USP più brillante e accattivante dell’universo, ma se poi, alla prova dei fatti, è solo fumo negli occhi, hai fatto un autogol clamoroso. Anzi, hai fatto di peggio: hai tradito la fiducia di un cliente. E un cliente deluso, oggi, con i social e le recensioni, fa più rumore (e danni) di dieci clienti entusiasti. Se ti definisci “l’oasi eco-friendly nel cuore della natura”, non basta mettere due cestini colorati per la differenziata e un sapone bio in bagno. Voglio vedere i pannelli solari sul tetto, l’impegno concreto per ridurre la plastica monouso, i prodotti dell’orto nel menù del ristorante. Se la tua USP è “relax assoluto e silenzio garantito”, ma poi la piscina è una bolgia infernale e le camere hanno pareti di cartapesta, la tua promessa si sgretola. Morale della favola, che ho imparato a mie spese e vedendo tanti clienti trasformare il loro business: la tua Unique Selling Proposition non la dichiari e basta. La vivi. E la fai vivere, in ogni singolo dettaglio, ai tuoi ospiti. Questo, te lo garantisco, è il vero marketing che costruisce reputazione e successo nel tempo.

Qualche esempio da cui prendere appunto (ma non copiare!)

Oltre a Mimi na Wewew, ci sono brand nel turismo che hanno costruito imperi sulla loro unicità, diventando dei veri e propri casi di studio. Non si sono accontentati di “fare le cose per bene”, hanno osato essere diversi.

  • Zoku Hotels: Hanno intercettato i bisogni dei nomadi digitali e si sono chiesti: “E se un hotel fosse anche un ufficio flessibile, uno spazio di co-living stimolante e un hub per creare connessioni?”. Detto, fatto. La loro USP non è un semplice posto letto, ma una “casa-lavoro-comunità” per chi viaggia per professione.
  • Icehotel (Svezia): Qui la USP è l’esperienza stessa, talmente pazzesca e irripetibile da diventare leggenda: “Dormi in una suite interamente scolpita nel ghiaccio, un’opera d’arte che si scioglie e rinasce diversa ogni inverno”. C’è bisogno di aggiungere altro?
  • Explora Lodges (Cile): Non ti vendono una camera di lusso in Patagonia. Ti offrono “l’esplorazione profonda e consapevole del territorio”, con guide esperte che ti accompagnano in avventure immersive dove la natura è la protagonista assoluta. La loro USP è un richiamo irresistibile per chi cerca un contatto autentico e quasi spirituale con il mondo.

Questi esempi non sono semplici slogan pubblicitari. Sono la manifestazione concreta di una promessa chiara e mantenuta, l’anima stessa del brand.

Insomma, nel gran circo del turismo, dove a volte sembra che tutti propongano la stessa minestra riscaldata, la tua Unique Selling Proposition è quella spezia segreta, quel tocco personale che può fare tutta la differenza del mondo. La differenza tra essere uno dei tanti, facilmente dimenticabile, e diventare “quel posto lì”, quello per cui i clienti sono disposti a fare la fila (o a prenotare con mesi d’anticipo).

Scovare questa scintilla non è sempre una passeggiata, lo so bene per averci lavorato con decine di realtà diverse a livello internazionale. A volte serve uno sguardo esterno, qualcuno che, senza filtri e con un po’ di esperienza sulle spalle, ti aiuti a mettere a fuoco cosa ti rende davvero, ma davvero, speciale.

Cosa fare adesso?

Se leggendo queste righe hai sentito una lampadina accendersi e hai pensato: “Cavolo, stanno parlando proprio di me!” oppure “Sento di avere qualcosa di unico, ma non so da che parte iniziare per tirarlo fuori e comunicarlo”, forse è il momento di scambiare due chiacchiere. Non per propinarti la solita formula magica – quelle le lascio volentieri ad altri – ma per mettere sul tavolo un’esperienza di oltre 15 anni sul campo e vedere se, insieme, possiamo far brillare la tua unicità.

Ti va di capire, con esempi concreti e senza fuffa, come abbiamo aiutato altri hotel, tour operator e destinazioni a smettere di essere “uno tra tanti” e a raccontare finalmente la loro storia, quella che solo loro possono raccontare?

Ascolta l’episodio dedicato nel podcast “Il Codice della Comunicazione”

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