Hai definito chi sei, hai creato la tua frase-manifesto, hai una Proposta Unica di Valore che ti fa sentire invincibile. E adesso? Adesso arriva l’errore che vedo commettere più spesso, anche dai professionisti più preparati: prendono il loro messaggio perfetto e iniziano a urlarlo in una piazza affollata, sperando che, per caso, le persone giuste lo sentano.
È una strategia faticosa, inefficiente e destinata a fallire. Perché nel personal branding, dopo aver capito chi sei tu, il passo successivo e più importante è capire chi sono loro. E “loro” non è un’entità astratta chiamata “il mondo” o “il mercato”. “Loro” sono gruppi specifici di persone, con bisogni, desideri e linguaggi diversi.
Parlare a tutti significa non parlare a nessuno. È un cliché, lo so, ma è una verità assoluta. Per costruire un brand che non solo esista, ma che prosperi, devi smettere di usare il megafono e iniziare a usare il bisturi. Devi sezionare il tuo pubblico, capire chi sono i tuoi interlocutori e adattare la tua comunicazione.
Una strategia di pubblico efficace non si limita a definire il “cliente ideale”. Va più in profondità, identificando tre cerchi concentrici di influenza: il Target Primario, il Target Secondario e la Comunità Latente. Capire e coltivare tutti e tre questi gruppi è ciò che differenzia un brand amatoriale da uno strategico.
1. Il Target Primario: Il tuo “Cliente Ideale” (ma sul serio)
Questo è il tuo centro. Il cuore pulsante del tuo business. Il target primario è quel gruppo specifico di persone per cui la tua Unique Selling Proposition è stata pensata. Sono coloro che traggono il massimo beneficio da ciò che offri e per i quali tu sei, o vuoi diventare, la scelta migliore.
Il problema è che la maggior parte dei professionisti lo definisce in modo pigro. “Mi rivolgo alle PMI”. Non basta. “Mi rivolgo ai freelance”. Inutile. Devi andare molto più a fondo, devi creare un identikit così preciso da poter quasi dare un nome e un volto a questa persona. Nel marketing si chiamano “personas”.
Pensa a:
- Dati demografici. Età, professione, livello di reddito, dove vive?
- Dati psicografici. Quali sono i suoi valori? Le sue paure? Le sue aspirazioni più grandi (relative al problema che tu risolvi)? Cosa lo tiene sveglio la notte?
- Comportamenti. Come si informa? Quali social usa? Di chi si fida? Quali blog legge?
Esempio: un conto è dire “mi rivolgo ai manager”. Un altro è dire: “Il mio target primario è Marco, 45 anni, neo-dirigente di un’azienda manifatturiera, tecnicamente bravissimo ma terrorizzato all’idea di dover parlare in pubblico e di non riuscire a motivare il suo nuovo team”. Quando hai questa chiarezza, ogni contenuto che crei, ogni parola che usi, sarà un laser puntato dritto al cuore dei problemi di Marco. E Marco, leggendoti, penserà: “Questa persona mi capisce. Questa persona può aiutarmi”.
2. Il Target Secondario: Gli Amplificatori e i Guardiani
Questo è il livello che molti trascurano, ed è un errore strategico enorme. Il target secondario è composto da tutte quelle persone che, pur non essendo i tuoi clienti finali, hanno un’influenza enorme sul tuo target primario. Sono gli “amplificatori” del tuo messaggio e i “guardiani” (gatekeepers) che possono aprirti o chiuderti le porte.
Chi sono?
- Influencer del tuo settore. Non solo le star dei social, ma anche giornalisti, blogger autorevoli, accademici, presidenti di associazioni di categoria. Le persone che il tuo target primario ascolta e rispetta.
- Partner strategici. Professionisti o aziende che si rivolgono al tuo stesso target primario, ma con servizi complementari. Un copywriter e un web designer. Un avvocato e un commercialista.
- Fonti di referral. Persone che, conoscendo la qualità del tuo lavoro, possono raccomandarti. Ex clienti soddisfatti, colleghi, mentori.
Comunicare con questo pubblico è diverso. A loro non devi “vendere” il tuo servizio, ma devi dimostrare la tua autorevolezza, la tua affidabilità e il valore che puoi portare ai loro contatti o al loro pubblico. Costruire relazioni solide con il tuo target secondario significa creare un esercito di alleati che parleranno bene di te e ti porteranno opportunità qualificate.
3. La Comunità Latente: I Clienti di Domani e i Sostenitori Silenziosi
Questo è il cerchio più esterno, quello che richiede una visione a lungo termine. La comunità latente è quell’insieme di persone che oggi potrebbero non essere ancora pronte o consapevoli di aver bisogno di te, ma che in futuro potrebbero diventarlo.
Pensa a:
- Studenti e neolaureati che un giorno entreranno nel tuo settore.
- Professionisti di altri settori che potrebbero, un domani, aver bisogno delle tue competenze.
- Persone che stanno iniziando a percepire un problema che tu risolvi, ma non hanno ancora cercato attivamente una soluzione.
La comunicazione verso questo gruppo non è finalizzata alla vendita, ma all’educazione e all’ispirazione. È qui che “pianti i semi”. Condividendo il tuo sapere in modo generoso, raccontando storie, offrendo valore senza chiedere nulla in cambio, ti posizioni come una voce autorevole e costruisci una familiarità con il tuo brand. Quando, tra sei mesi o due anni, una di queste persone avrà bisogno di un professionista come te, il tuo sarà il primo nome che gli verrà in mente.
Un brand di successo non è quello che urla più forte, ma quello che sa a chi parlare, come parlargli e perché. Definire questi tre pubblici ti darà una chiarezza strategica che trasformerà la tua comunicazione da un esercizio casuale a un potente motore di crescita.
E adesso? Da dove inizi?
Prendi un foglio. Disegna tre cerchi concentrici. Nel cerchio interno, scrivi il nome della tua “persona” ideale. In quello intermedio, elenca 3-5 figure che possono amplificare il tuo messaggio. In quello esterno, pensa a un gruppo di persone che potresti iniziare a “educare” oggi per il futuro. Questa è la tua nuova mappa del pubblico.
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