Quel testo puzza di IA. Il problema non è lo strumento, ma come lo usi

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testi che puzzano di Intelligenza Artificiale

Lo senti subito quando un testo è scritto da un’IA, vero?

Non parlo di un errore di sintassi o di un’informazione sbagliata. Parlo di una sensazione. Un’assenza. Manca il polso, il punto di vista, un’idea che non sia la media matematica di tutto quello che ha già letto online. Manca l’anima.

E un testo senz’anima non è solo un testo scritto male. È un vicolo cieco per il tuo brand.

Il vero danno dei contenuti “artificiali”

Il problema non è la qualità della scrittura in sé. Spesso è formalmente impeccabile. Il problema è il segnale che manda al lettore.

Un testo che puzza di automazione comunica una sola cosa: pigrizia.

Comunica che non avevi abbastanza tempo, o voglia, per pensare a chi ti legge. Che hai preferito la scorciatoia, riempiendo uno spazio vuoto con parole vuote. Minando la fiducia di chi ti legge, che si sente trattato come un target da colpire, non come una persona con cui dialogare.

Quando deleghi la scrittura a un’automazione senza un processo strategico, stai delegando il cuore della tua comunicazione. E il risultato è un contenuto generico, che potrebbe essere di chiunque. E quindi, di nessuno.

Non ti serve un prompt migliore, ti serve un processo diverso

Tutti cercano la formula magica, il prompt perfetto per “umanizzare” l’IA. È l’approccio sbagliato.

L’errore è trattare l’Intelligenza Artificiale come un autore. La mossa strategica è usarla come un assistente, un braccio operativo guidato da una testa pensante. La tua.

L’obiettivo non è nascondere che hai usato l’IA. È elevare il suo risultato attraverso un processo che solo tu puoi governare. Ecco come.

Mettere l’IA al tuo servizio: il processo in 5 passaggi

Ho passato mesi a testare, sbagliare e capire come integrare questi strumenti nel mio lavoro e in quello dei clienti. Non per scrivere di più, ma per scrivere meglio, liberando tempo per la strategia.

Questo è il processo che funziona.

1. Tu fai il direttore creativo, lei fa lo stagista

Il brief umano è tutto. L’IA non può avere un’idea originale, un’angolazione unica, un obiettivo strategico. Quelli devi metterli tu.

Prima di scrivere una sola parola, rispondi a queste domande:

  • A chi sto parlando davvero?
  • Cosa voglio che pensi, senta o faccia dopo aver letto?
  • Qual è l’unica, singola idea che deve rimanere impressa?

Solo dopo aver definito la strategia, puoi passare il brief all’IA. Trattala come uno stagista a cui chiedi di raccogliere fonti, strutturare una prima bozza, assemblare informazioni. L’esecuzione parte da lì.

2. Inietta la tua esperienza (questa non può copiarla)

L’IA non ha mai fallito un progetto. Non ha mai discusso con un cliente. Non ha mai avuto un’intuizione sotto la doccia. Tu sì.

Prendi la bozza che ti ha preparato e contaminala con la realtà. Inserisci aneddoti, esempi vissuti, errori che ti hanno insegnato qualcosa. È questo che rende un contenuto inimitabile.

  • Prima (Bozza IA): “Il tono di voce è un elemento essenziale del brand.”
  • Dopo (Con la tua esperienza): “Ho visto un cliente rischiare un lancio da decine di migliaia di euro perché il suo tono di voce non era allineato al prodotto. Ti spiego perché.”

La seconda versione ha una storia. Ha un valore reale.

3. Distruggi e ricostruisci il ritmo

I testi generati dall’IA hanno spesso un ritmo monotono, quasi ipnotico. Frasi della stessa lunghezza, strutture simili, punteggiatura prevedibile. Il tuo lavoro è prendere questo muro di testo e farlo respirare.

  • Alterna frasi lunghe e ragionate a frasi brevissime. Secche.
  • Usa la punteggiatura per creare pause, enfasi, ritmo.
  • Fai domande dirette al lettore per riportarlo dentro al discorso.

Rendi il testo un dialogo, non un monologo.

4. Scrivi tu l’inizio e la fine

Ci sono due momenti che non puoi delegare, mai. L’aggancio iniziale e la chiusura. Sono i punti di massima connessione emotiva con chi legge. Devono essere umani al 100%.

L’incipit deve catturare l’attenzione con una provocazione, una domanda, una frase che spiazza. La chiusura deve lasciare un pensiero, non un riassunto scolastico. Scrivili di tuo pugno, senza filtri.

5. Dalle un “anti-vocabolario”

Ogni brand ha le sue parole. E, soprattutto, le sue “non-parole”. L’IA tende a usare un linguaggio aziendale generico e pieno di cliché.

Creagli un anti-vocabolario: una lista di termini che non deve assolutamente usare. Esempi che noi vietiamo sempre: cruciale, potente, sinergia, dunque, rivoluzionario, esplorare, nel panorama attuale.

Questo semplice comando pulisce il 90% della fuffa e costringe lo strumento a usare un linguaggio più diretto e concreto.

Qual è il punto?

Il punto non è ingannare il lettore e spacciare un testo artificiale per umano. Il punto è usare la tecnologia in modo intelligente per automatizzare le parti a basso valore (la ricerca, la prima stesura) e liberare tempo ed energie mentali per concentrarti su ciò che fa davvero la differenza: la strategia, l’esperienza, l’empatia, la costruzione di una relazione.

L’IA può occuparsi del “cosa” scrivere. Ma solo un essere umano può decidere il “come” e, soprattutto, il “perché”.

La tua azienda come sta usando l’IA per i contenuti? Con un processo strategico o con il pilota automatico? Scrivimi, sono curioso di sentire il tuo punto di vista.

Vuoi maggiori informazioni? Scrivici!