Ok, devi fare (o rifare) il logo. Il designer ti chiede: “Che idea hai in mente?”. E lì, il vuoto.
Vorresti qualcosa di moderno ma senza tempo, semplice ma d’impatto, che parli del tuo brand ma che piaccia a tutti. Inizi a navigare online e ti perdi tra logotipo, pittogramma, emblema, combination mark… Risultato? Confusione totale. Fermiamoci un attimo. La scelta del logo non è un test di Rorschach. È una decisione strategica.
Un logo non è solo un “bel disegnino”. È una scorciatoia mentale che aiuta le persone a riconoscerti e a ricordare la promessa che il tuo brand fa. Scegliere quello sbagliato non è un errore estetico, è un errore di comunicazione.
Vediamo di fare chiarezza, senza paroloni ma con esempi concreti, così la prossima volta che parlerai con un designer, saprai esattamente cosa vuoi (e perché).
I principali tipi di logo, spiegati senza fuffa
1. Il Logotipo (o Wordmark): quando il tuo nome è già tutto

Cos’è? Semplicemente, il nome della tua azienda scritto con un carattere tipografico studiato. Niente simboli, niente icone. Il protagonista è il nome. Pensa a Google, Coca-Cola, Visa.
Quando funziona? È la scelta perfetta se hai un nome forte, unico e facile da ricordare. Invece di aggiungere distrazioni, metti tutta l’energia visiva lì. È anche un’ottima strada per le nuove aziende che hanno bisogno di far entrare il proprio nome nella testa delle persone.
A cosa fare attenzione: La scelta del font è tutto. Non è un dettaglio, è il design. Deve essere leggibile ovunque (anche piccolo sullo schermo di uno smartphone) e deve avere carattere. Un logotipo con un font banale o già visto comunica solo una cosa: anonimato.
2. Il Monogramma (o Lettermark): la sintesi che salva

Cos’è? Un logo creato con le iniziali del brand. Pensa a IBM (International Business Machines), HP (Hewlett-Packard) o NASA. È una soluzione elegante per nomi lunghi, difficili da pronunciare o poco memorabili.
Quando funziona? Quando il tuo nome completo è uno scioglilingua o troppo lungo per stare comodamente in un’immagine profilo. Il monogramma crea un simbolo compatto e facile da gestire, che acquista valore con il tempo.
A cosa fare attenzione: Come per il logotipo, il font è cruciale. Ma qui c’è una sfida in più: le lettere devono incastrarsi bene e creare una forma armonica e riconoscibile. A volte si gioca con gli spazi negativi o con piccoli dettagli per dare unicità, ma la regola d’oro resta la leggibilità.
3. Il Pittogramma (o Brand Mark): quando un simbolo vale più di mille parole

Cos’è? Un’icona, un simbolo grafico che da solo rappresenta il brand. La mela di Apple, l’uccellino di Twitter (ora X), lo “swoosh” di Nike. Sono talmente potenti che non hanno bisogno del nome accanto.
Quando funziona? Funziona per brand globali e già affermati. Attenzione: per arrivare a questo status serve un lavoro di branding enorme, costante e coerente. Non basta un bel disegnino. È una scelta potente per le aziende che vogliono superare le barriere linguistiche.
A cosa fare attenzione: La semplicità è la chiave. Un pittogramma deve essere riconoscibile all’istante e funzionare in bianco e nero, a colori, grande su un cartellone o piccolo come icona di una app. Se è troppo complesso, perde tutta la sua forza.
4. Il Logo Astratto: creare un significato da zero

Cos’è? Un simbolo che non rappresenta un oggetto reale, ma un concetto. È una forma geometrica o organica che evoca i valori del brand. Pensa al logo di Airbnb o a quello di Pepsi.
Quando funziona? Quando vuoi un simbolo totalmente unico e inimitabile, che non leghi il tuo brand a un’immagine specifica (che un giorno potrebbe diventare obsoleta). Ti dà la libertà di costruire il significato che vuoi.
A cosa fare attenzione: Il rischio è che un logo astratto, senza una forte strategia di comunicazione, risulti freddo o privo di significato per chi lo guarda. Devi “spiegare” alle persone cosa rappresenta, attraverso tutto quello che fai.
5. La Mascotte: la faccia (amichevole) del brand

Cos’è? Un personaggio illustrato che diventa l’ambasciatore del brand. L’omino Michelin (Bibendum), il Colonnello di KFC, Mastro Lindo.
Quando funziona? Benissimo per creare una connessione emotiva e amichevole, soprattutto con le famiglie e i bambini. Rende il brand più umano e accessibile. È una scelta forte per il settore alimentare o per i servizi al grande pubblico.
A cosa fare attenzione: Lo stile della mascotte può invecchiare in fretta e richiede aggiornamenti. E poi, è un attimo passare da “simpatico” a “fastidioso” o “infantile”. Va usata con coerenza e intelligenza.
6. Il Combination Mark: il meglio dei due mondi

Cos’è? L’unione di testo e simbolo (pittogramma o astratto). Praticamente la maggior parte dei loghi che conosci: Lacoste, Adidas, Burger King.
Quando funziona? Quasi sempre. È la scelta più sicura e versatile. Il nome chiarisce chi sei, mentre il simbolo aggiunge un elemento visivo forte. Con il tempo, man mano che il brand diventa famoso, puoi anche permetterti di usare solo il simbolo (come ha fatto Nike).
A cosa fare attenzione: L’equilibrio tra testo e simbolo deve essere perfetto. Devono funzionare bene insieme ma anche, potenzialmente, separati. La sfida è creare due elementi che si rafforzino a vicenda senza farsi la guerra.
7. L’Emblema: il sigillo di garanzia

Cos’è? Un logo dove il testo è inserito all’interno di una forma, come uno stemma, un sigillo o un cerchio. Pensa a Starbucks, BMW o al logo di molte università.
Quando funziona? Quando vuoi comunicare tradizione, solidità, prestigio e un senso di appartenenza. È la scelta classica per club, istituzioni, brand automobilistici e marchi che puntano su una storia e un’eredità.
A cosa fare attenzione: Spesso sono design complessi e ricchi di dettagli. Questo li rende difficili da leggere se rimpiccioliti. Bisogna trovare un compromesso tra complessità e leggibilità, altrimenti si rischia di avere una macchia illeggibile sui biglietti da visita o sui profili social.
Ok, ma quindi quale scelgo per il mio brand?
Come avrai capito, non esiste il logo “migliore” in assoluto. Esiste quello giusto per te, per la tua storia, per il tuo pubblico e per i tuoi obiettivi.
Invece di partire dal “mi piace / non mi piace”, parti dalla strategia:
- Hai un nome forte e memorabile? Il logotipo è la tua strada.
- Hai un nome lungo o complicato? Un monogramma può salvarti.
- Punti a diventare un’icona globale e hai budget per supportarlo? Forse puoi puntare a un pittogramma.
- Vuoi la massima versatilità e sicurezza? Il combination mark è quasi sempre una buona idea.
- Vuoi trasmettere tradizione e autorevolezza? Valuta un emblema.
Prima di chiedere a un designer “un logo bello”, fermati e rispondi a questa domanda: “Cosa deve comunicare di me questa singola immagine, in tre secondi netti?”.
Se dopo questa riflessione i dubbi restano, allora sì, parliamone. Capire quale vestito visivo dare al tuo brand è il primo passo per non passare inosservato.